Questo articolo è preso da IL TEMPO.it mi è sembrato molto interessante e l'ho voluto mettere qui.
Giuseppe Garibaldi, chi era costui? La domanda sembra rincorrersi di tanto in tanto sui libri di storia, oltre che nella polemica politica. Era Garibaldi per dirne una il ritratto di lui sui manifesti del Fronte cosiddetto popolare nelle elezioni del 1948? Non pare, e fece bene Guareschi a dipingere su quel volto dei baffoni alla Stalin, a significare che dietro alle sinistre c'era lo spietato oppressore di popoli e paesi dell'Europa dell'est (e a ben guardare della Russia stessa).
E chi era, cosa rappresentò la figura di Garibaldi nel quadro di quel processo risorgimentale che si concluse con l'unità dello Stivale? Un eroe di certo, ma anche un personaggio non semplice da classificare. Un condottiero, un uomo d'arme, non privo però di intelligenza politica, si vedano in sequenza la serie di «obbedisco» dette ai Savoia.
Nel Sud non fu un oppressore, piuttosto un liberatore, si rammenti l'entusiasmo col quale i picciotti siciliani accorsero a combattere sotto la sua bandiera, magari in odio al centralismo di Napoli. Il regno dei Borboni non era - non soltanto - quell'insieme di vizi e di degradazione di cui parla una certa storiografia, di parte e savoiarda. Ma di sicuro era minato nel profondo, più un regno virtuale che reale, non si capirebbero altrimenti i successi - fulminei quanto meno in Sicilia - di una spedizione di appena mille uomini, straordinariamente motivati da chi li comandava, e tuttavia non armati al livello dell'esercito borbonico.
E comprenderlo al di là della pagine buie che non mancarono, come la dura - e vergognosa - repressione di Bronte contro una insurrezione contadina, dai contorni ancora nel presente non bene definiti. Non c'è dubbio, poi, che al di fuori del caso-Sicilia il Risorgimento italiano sia stato più un fenomeno di elites che di massa, anche se questo probabilmente è un po' il caso di tutte le avventure della storia. Ma in assoluto non una «impostura» (nella dizione Bossi-Lombardo), un aggettivo talmente fuori luogo da motivare non poche reazioni, fra cui quella di Stefania Craxi che ha voluto rammentare al capo dei «lumbard» come Garibaldi, e con lui parecchi patrioti risorgimentali fossero degli «eroi del Nord» ,cioè gente di casa sua. Stefania Craxi parla avendo avuto alle spalle un padre - Bettino - accanito collezionista di cimeli garibaldini.
Insomma una buona fonte. Ci consenta di aggiungere che Garibaldi fu soprattutto un eroe italiano, non catturabile cioè al Nord oppure al Sud. Una conferma? Intanto il suo carteggio, specie le lettere dall'America, dove parla di un popolo italiano, che egli definisce «bello, buono, e generoso», degno di un migliore destino (chi scrive ne conserva una di queste lettere, frutto di un ritrovamento casuale, e se Stefania Craxi lo desidera gliene può fare avere la fotocopia). E ancora perché ebbe, nizzardo di origine, miglior destino al Sud più che al Nord della Penisola: La Sicilia lo amò, come si ama un santo, Napoli lo accolse in delirio, quando vi entrò da liberatore, avendo accanto a se Mazzini. Ed era un popolo che al momento non faceva distinzione fra la gente del Nord e quella del Sud.
Ci furono le statue che ogni municipalità meridionale fece a gara ad erigergli. Quanto al Nord basterebbe citare la freddezza con la quale Vittorio Emanuele II a Teano accolse l'uomo che gli aveva appena regalato un regno, quello delle due Sicilie, la cessione di Nizza alla Francia che ne fece, sono parole sue: «no straniero in patria», o ancora la fucilata dell'Aspromonte per dire che Garibaldi al Nord fu tutto fuorché un profeta, quanto meno nel Piemonte savoiardo. E' fuor di dubbio che in seguito non tutto filò liscio nei rapporti con il Meridione unificato. Ma questa è una vicenda che appartiene ai Savoia, non a Garibaldi.
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