mercoledì 14 novembre 2007

War's Life

Era sempre più freddo, in questo questo avamposto sperduto e dimenticato da Dio, il nostro compito era quello di sorvegliare l'ingresso ovest di questa gola, per non permettere ai nostri nemici, di poter prendere di sorpresa il grosso delle nostre forze, su al campo base.
Ci avevano reclutato, come prescrive la legge in caso di guerra, appena raggiunta la maggiore età, eravamo giovani e totalmente impreparati, per non dire un po "figli di papà.
I primi due anni del nostro servizio lo svolgemmo al campo di addestramento, questo, per temprare al meglio i nostri caratteri, era situato su la più inospitale luna di saturno, penso il peggior luogo della galassia, i primi tempi furono terribili, eravamo sempre bersaglio dei più anziani, nonché dei nostri superiori, che di uomini inetti, che sarebbero mai stati pronti per la vita militare, non sapevano che farsene, fu qui che capii cosa significa essere un uomo.
Il campo, a differenza di quello che molti pensano, non è solo un posto dove ti insegnano a combattere, ma è dove ti fanno capire cosa vuol dire vivere veramente.
Al campo di addestramento sono successe talmente tante cose, che elencarle sarebbe un impresa impossibile, ma una su tutte è sempre viva nella mia mente...
Stavamo svolgendo un addestramento speciale per testare la nostra capacità di sopravvivenza in situazioni estreme, i nostri superiori ci lasciarono ognuno isolato dall'altro con solo un coltello e una scatola di fiammiferi, per dieci giorni, nessun aiuto doveva esserci dato, di nessun genere.
La situazione era ogni giorno più difficile, trovare qualcosa da mangiare era quasi impossibile, scaldarsi non ve ne parlo, gli animali da cui prendere le pellicce e il cibo, erano veramente pochi, una situazione del genere, risvegliò in noi coinvolti e in me, tutti gli istinti primordiali, durante la notte il terrore più assoluto può impadronirsi di voi, lo sconforto di non farcela, la disperazione più assoluta; ma alla mattina, alle prime luci dell'alba, la speranza torna a bussare alla porta, il sorgere del sole risveglia la parte razionale che è in noi, si torna a capire di essere un uomo, un uomo che combatte e vince.
Fu durante questa esperienza che diventai la persona che sono ora, durante quella solitudine, durante le lunghe ore notturne, ebbi il tempo di riflettere e di capire chi ero e dove volevo andare, fu li che capii che volevo rimanere e intraprendere la carriera militare.
Finiti i dieci giorni, ci tornarono a prendere, solo una volta tornato al campo fui informato che dei cinquanta partiti, solo in trenta tornammo, venti non superarono la prima, in effetti la prova era stata pensata appositamente per eliminare gli elementi, che non avrebbero avuto nessuna possibilità di continuare, questo perché quando si sta sul campo di battaglia, si combatte meglio sapendo che le persone che avete accanto sono persone che vi lasceranno mai le spalle scoperte.
Il giorno dopo il rientro annunciai ai miei superiori la mia volontà, ne furono molto felici, e il giorno stesso fui mandato alla scuola ufficiali, perché come si dice... chi ha tempo, non aspetti tempo.
Scoprii presto che la scuola ufficiali, è molto peggio del campo di addestramento, perché oltre a svolgere le normali attività, come la sveglia alla mattina alle 6, corsa, addestramento e via dicendo, dovevamo anche studiare, dalle scienze matematiche ai fondamenti di tattica militare, dalla fisica alla psicologia, e questo perché il nostro compito usciti da li, non era solo di combattere, ma di comandare.
Fu dopo pochi mesi in scuola ufficiali, che subimmo il primo attacco, che portò all'inizio delle ostilità vere e proprie, non che prima non si fosse stati in una situazione di guerra, ma si pensava che servisse più per generare un allarme, che per una vera necessità; io dopo aver visto i risultati disastrosi dell'attacco, trasmessi dai telegiornali, come prima reazione pensai di partire, ma grazie ad alcuni miei superiori, capii che sarei stato più utile comandando una truppa che come semplice soldato, quindi rimasi.
Uscii dall'accademia alla fine del quinto anno, la guerra era al suo apice, fui subito assegnato ad una truppa in partenza, rimasi con loro per un anno, finché non fu sciolta, eravamo rimasti pochissimi dopo l'ultima battaglia, e i suoi membri assegnati ad altri incarichi, io fui assegnato ad una delle truppe più ardite di tutto l'esercito, uomini che non conoscevano la parola paura, non conoscevano cosa volesse dire ritirata, potevano solo andare avanti, era una di quelle truppe che si chiamano in situazioni disperate, erano uomini legati l'un l'altro da un legame di sangue, di fratellanza, talmente forte, che si veniva definitivamente accettati nel gruppo, solo dopo aver combattuto almeno una volta al loro fianco.
Con loro sfiorai le centocinquanta missioni, fummo i primi a riuscire a catturare uno dei loro capi, i primi a catturarne uno vivo; fu un grande passo perché ci permise di capire di più su chi avevamo davanti, fu l'inizio della nostra vittoria.
Sono passati dieci anni dal mio reclutamento, ora ci troviamo sull'ultimo avamposto del nemico, non sono più un membro di quella gloriosa compagnia, fu sciolta per gravi problemi di insubordinazione, i membri subirono sorti diverse, chi espulso dall'esercito chi riassegnato, io ne uscii pulito.
Domani effettueremo l'ultimo attacco, che con una buona dose di fortuna, metterà fine a questa guerra, con la nostra vittoria, cosi da vendicare i milioni di morti di questa guerra.

Durante l'attacco fu colpito da una raffica sparata dal fuoco nemico, non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto della situazione, in un attimo vide nei suoi occhi ogni istante della sua vita, vide gli attimi di gioia e di disperazione, vide le battaglie e le vittorie, vide quando era bambino e giocava alla guerra con i suoi amici, simulando le ferite, e quando cresciuto le viveva sulla sua pelle le ferite, vide se stesso.
Ora riposa insieme a migliaia di altri soldati caduti, ricordato dai cari, dimenticato da tutti.

2 commenti:

  1. Anonimo8:55 PM

    Carissimo, allegria! Ma un lieto fine? No?!? Il racconto è molto bello... ma che dire.. essendo una donna e sotto sotto un inguaribile romantica ho preferito l'altro! Nik continua a farci sognare (noi donne) ma senza tragedie finali! Più stile Harmony insomma... ahahah

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  2. :D
    Cercherò di scrivere qualcosa che abbia un lieto fine prima o poi, ma queste sono cose che ti devono venire ispirate... mica sono che uno si mette la e scrive...

    a presto...

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